Questo scritto è stato possibile grazie alla collaborazione nata con la professoressa Bruna Novarino, dell’ “I.C. Santorre di Santarosa” di Savigliano (CN) e la professoressa Alessandra Fissolo che ha messo a
disposizione la sua tesi di Laurea; il Vice Presidente dell’associazione ERCA di Nizza Monferrato che ci ha
fornito il materiale fotografico e lo stemma della famiglia Corsi di Viano.
L’intenzione di questo scritto è quella di rendere alla memoria a Carolina Corsi di Viano un giusto tributo merito e la riconoscenza del suo impegno a favore delle donne. Mai momento storico più giusto!
Carolina De Rossi di Santa Rosa non ha una biografia ufficiale, ma questa può prendere forma grazie all’epistolario del marito, il Conte Annibale Santorre De Rossi di Pomarolo, meglio noto come Santorre di Santa Rosa. Le sue lettere ci permettono infatti di scoprire la personalità di una donna del Romanticismo, sposa di un patriota caparbio e fedele ai suoi ideali.
Nella raccolta delle lettere che Santorre inviava a sua moglie è stata una sorpresa veder delinearsi il profilo della sua vita intima, dalla quale emerge un’altra natura decisamente sensibile: è così che in un periodo piuttosto turbolento, nel cuore del Risorgimento italiano, due figure con obiettivi compiti e intenti diversi, con le loro azioni davano il loro importante contributo alla storia d’Italia, l’uno sotto i riflettori delle cronache, l’altra in maniera più discreta.
Mentre Santorre era impegnato in campo militare e politico, la contessa, con discrezione, si occupava di solidarietà al fianco del nostro beneamato sacerdote Gaspare Saccarelli.
La sua vita non fu facile dal momento che il marito proseguì attivamente la sua carriera politico-militare fino alla morte che avvenne durante la guerra d’indipendenza greca nel 1825, lasciandola definitivamente sola.
Dagli scritti è possibile intuire che fosse una donna sensibile, gelosa del suo sposo, pur non avendo potuto usufruire di una educazione adeguata, fu audace e risoluta quando doveva affrontare situazioni difficili; paziente, pratica, tanto da salvare la famiglia dalla bancarotta gestendo in maniera oculata i beni del marito che, seppure distante da casa, metteva in difficoltà la famiglia anche per la sua forte attrazione per il gioco.
Carolina andò avanti!
Incontrarla per caso è stato un crescendo di emozioni e curiosità quasi stupefacente.
Nel corso della ricerca la modernità di questa donna si è palesata sempre di più ai miei occhi. L’assenza del marito l’ha costretta a ricoprire ruoli nuovi, non più solo moglie e madre; a lei veniva richiesto di rivestire il ruolo del capofamiglia, prendere decisioni in merito all’amministrazione dei beni, rabbonire i creditori.
Questa esperienza la rese una donna nuova e le permise di comprendere la sofferenza di tutte quelle donne che per i più svariati motivi combattevano ogni giorno per la loro sopravvivenza e per quella dei propri figli.
Ovviamente il periodo di vita da lei vissuto non corrisponde al nostro tempo, come è poco attuale il suo modo di agire discreto, senza manifestazioni rumorose, ma quello che viveva e affrontava non era tanto diverso da ciò che potrebbe vivere la donna oggi e certamente, o più semplicemente perché sono donna, non ho potuto fare a meno di attualizzarla.
Nonostante il dolore continuò a dedicarsi alla famiglia e anche alle giovani sole che vivevano nella precarietà, nell’abbandono nel Borgo San Donato definito all’epoca il “borgo delle donne”… “borgo dei dannati”, nomina di un quartiere profondamente in stato di miseria e degrado.
È da tenere presente, che in un sobborgo così malfamato e definito negli spazi e gli abitanti, le opere di recupero e sostegno a favore dei più bisognosi, deboli potevano creare fastidi a malavitosi, protettori, e non erano esclusi agguati, fastidi per “squilibrio degli equilibri”, un rischio che molti benefattori hanno accettato e sono ancora visibili i loro sforzi, una continuità che potremmo considerare ancora attualità in molte zone del nostro paese.
Che coraggio Carolina!
Decise di occuparsi di loro, affiancando il sacerdote don Gaspare Saccarelli diedero vita ad un “ricovero”, o meglio un centro, l’“Oratorio” che accoglieva operaie, prostitute, ragazze madri, chi non aveva lavoro poteva imparare -essere-, soprattutto “libera” e “indipendente”.
Probabilmente Carolina riusciva in modo naturale ad immedesimarsi nel dolore altrui per via delle sue sofferenze, – di otto figli solo tre rimasero in vita, la solitudine nella vita coniugale, la gelosia verso un marito distante, i problemi economici e non ultimo la responsabilità sulla crescita dei figli -.
In questa donna ottocentesca convivono tutta quella serie di emozioni e sensazioni che la donna di ogni tempo prova, non sempre si riesce a manifestare ma l’immedesimazione ed il conseguente sostegno verso gli altri diviene naturale soprattutto quando si possiede una profonda sensibilità.
Nel clima confidenziale dell’epistolario, non sempre corrisposto da Carolina con assiduità, è anche estremamente interessante vedere quanto la figura della moglie sia determinante nel marito e mi viene spontanea, in questa circostanza, in risposta al Carducci che esalta Santorre di Santarosa:
“ Innanzi a tutti, o nobile Piemonte, quei che Sfacteria dorme e in Alessandria diè a l’autore il primo
tricolore, Santorre di Santarosa”
Ricordare le parole di Virginia Woolf:
“Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”
Seguono alcuni brani tratti dalla tesi di Laurea della professoressa A.Fissolo.
Il 17 febbraio del 1806 […] Santorre Annibale Filippo Derossi, Conte di Pomarolo e di Santa Rosa, si unì in matrimonio con Carola Teresa Angela Cristina Corsi di Viano, nata ad Asti il 2 ottobre 1787, figlia del Conte Giulio Cesare Maria Corsi di Viano e di Luigia Roero di Cortanze.
Da questa unione nacquero otto figli, di cui i primi tre morirono in tenera età: Paolina (5 dicembre-12 dicembre 1806); Cesare (1808-1809); Eugenio I (1810-1811); Teodoro (1812-1860); Santorrina (1815-1892); Eugenio II (1817-1879); Cesare Germanico (1819-1829); Paolina II (1821-1832).[…]
blasone dei Conti di Corsi di Viano
[…] Non si tratta di un epistolario esclusivamente amoroso, ma il rapporto con la sposa è senz’altro il filo conduttore del carteggio: è un amore tormentato al modo romantico, ove si alternano professioni di affetto incondizionato e fasi di depressione, dettate dal disappunto di Santorre per il silenzio della moglie, o alla di lei gelosia.[…]
[…] Le tematiche principali del carteggio vertono su argomenti quasi esclusivamente domestici, concernenti la gestione dell’economia famigliare: un significativo spazio è dedicato all’educazione dei figli e all’amministrazione economica di casa Santa Rosa – vi si trovano infatti considerazioni sulla scelta del personale di servizio e ragguagli sullo stato dei debiti contratti. Carolina è messa a parte anche delle preoccupazioni e dei risentimenti nutriti da Santorre verso membri della propria famiglia, creditori o vicini di casa.[…]
[…] Carolina è una presenza costante nella vita dell’eroe saviglianese, un saldo punto di riferimento, come dimostrano entità e contenuto del materiale epistolare a lei indirizzato dal 1806 al 1825, anno in cui il Santa Rosa morì. Rimasta vedova l’8 maggio 1825, «fra strettezze e dolori», Carolina «si dedicò ai figli superstiti e custodì con amorosa fedeltà la memoria del marito». Si spense a Torino nel 1853…”[…]
(Fissolo.A.)